Villa Valle e i Valle
Il territorio vicentino nel secolo XIV fu diviso in 11 vicariati, detti maggiori: Arzignano, Barbarano, Brendola, Camisano, Malo, Montebello, Montecchio Maggiore, Orgiano, Schio, Thiene, Valdagno e 2 podesterie: Lonigo e Marostica. Gli Statuti di questi vicariati furono emanati nel 1377 da Bartolomeo e Antonio Della Scala. Questa è l’organizzazione civile del territorio vicentino in quel tempo, la prima dopo la dominazione romana. Al Vicariato di Valdagno furono aggregate e sottomesse tutte le altre ville: Brogliano, Cornedo, Cereda, Castelgomberto, Castelvecchio, Cerealto, Trissino, Muzzolone, Novale, Piana, Quargnenta, Rovegliana, Recoaro, Selva di Trissino. A capo del Vicariato Civile c’era un Vicario nominato dal Comune di Vicenza. Compito del Vicario era di amministrare la giustizia.
I nomi dei Vicari di Valdagno si conoscono solo dal 1518 e giungono fino alla caduta della Serenissima nel 1797. Troviamo il nome di un Valle con impegni politici, appunto come Vicario, nel 1606/07, un certo Sallustio, quindi nel 1625 è Vicario Giulio Cesare Valle, quindi Ottaviano Valle nel 1647. Poi nel 1658 è Vicario Girolamo Valle e nel 1667 Aulo Gellio Valle, che si trova ancora come Vicario nel 1675. Altro Vicario Valle nel 1736 fu Alessandro Valle e ancora un altro Valle, Gio Batta, nel 1761. Nel 1775 Giulio Valle, che copre questa carica anche nel 1780. Con la Rivoluzione Francese e il dominio Napoleonico, furono soppressi i Vicariati civili mentre rimasero quelli foranei religiosi. Il Vicariato fu sostituito prima con la denominazione Cantone, poi Distretto, ma fu un atto formale, perché la circoscrizione territoriale rimase la stessa.
La famiglia Valle era tra le famiglie illustri valdagnesi, come dimostrato dai ruoli politici detenuti nei secoli. Essa proveniva da Brendola, dove ancora sussistono 2 ville appartenute alla famiglia e si trova una via Valle. Ottennero la cittadinanza vicentina già nel 1410 e nel 1510 la famiglia entra a far parte del Consiglio nobiliare di Vicenza.
Nel 1650 i Valle ebbero il titolo di conti di Bolca e Vulpiana, tale titolo fu riconfermato dal governo austriaco nel 1820. Nel 1640 i Valle avevano una casa in contrada Carpagnon, mentre nel 1680 il conte Ottaviano Valle fece erigere un palazzo in contrà Busa San Michele. I nobili Valle nacquero e risiedettero a Vicenza fino al 1843, quando il conte Camillo Valle si trasferì a Valdagno dove ebbe molte cariche pubbliche come primo Deputato e Consigliere Comunale.
A Valdagno i Valle possedevano case, campi, molini già precedentemente il loro trasferimento a Valdagno. C’erano tra i loro averi il complesso chiamato della Colombaia, in cui c’era il Mulino detto delle Conche, alimentato dall’acqua del Rio. Nel 1663, oltre al mulino, troviamo anche 100 campi con le relative case coloniche presso le contrade dei Prà Doneghi, presso le Borne, le contrade Ciozzi e Frassene. Un possedimento importante era alla Campagna, dove si trovava una grande casa colonica i cui campi arrivavano fino al confine con Cornedo e il fulcro di tale proprietà era appunto la Colombara, in località Rio, dove si trovava la più antica residenza di campagna della famiglia, che aveva un corpo di fabbrica orizzontale simile a quello delle ville vicentine e vicino una torre che in epoca medioevale era usata per scopi militari.
La Colombara e il suo complesso furono affittate nel 1662 dal conte Alvise Valle a Francesco e Michele Cocco. “…La possessione della Colombaia col molin delle Conche, li prà dei Doneghi, le morne, li chiosi (territori suburbani circostanti la città, compresi in un raggio di 2 km.) et anco le terre disvegrate fino alla cima del monte.” Il canone d’affitto annuo doveva essere sui 5 milioni più elementi in natura, quali uova, capponi, vino e prestazioni d’opera.
Nel XVI secolo i Valle lasciarono questa residenza e scelsero come casa di campagna una casa nella contrada di Santa Maria delle Grazie, che trasformarono in un palazzo. La casa esisteva fin dalla seconda metà del secolo XVI e fu trasformata nel XVII secolo in uno splendido e magnificente palazzo.
Nel 1676 il conte Alessandro Valle ottenne di spostare la strada comunale a nord, passando su propri possedimenti e di estendere così il giardino dietro la casa. La nuova strada prese il nome appunto di strada Nova. Alla fine del XVII secolo il palazzo dei Valle ebbe un’importante ristrutturazione ad opera dell’architetto padovano Gerolamo Frigimelica Roberti, che trasformò l’imponente palazzo nell’aspetto odierno.
Stemma dei Valle
Significato:
Azzurro rappresenta la gloria del cielo, la virtù, la fermezza incorruttibile
Argento: Sostituisce il bianco perché più splendente. Simboleggia prezza, innocenza, giustizia e amicizia
Scoglio: Simboleggia resistenza e fede.
La Villa
Dal Cevese la descrizione della facciata:
“La facciata anteriore rivolta a mezzogiorno, si distingue nettamente dall’altra per la trama decorativa delle quattro lesene composite di modulo gigante che ne innervano il settore centrale, per le cornici delle finestre del piano nobile nutrite di bugne d’alterna lunghezza nelle spalle e di bugne decrescenti da quella centrale nell’architrave, sopra cui s’imposta il frontoncino triangolare; si differenzia ancora per il coronamento delle statue e dei 2 comignoli, per le lesene dell’attico mensole e lo stemma araldico appuntato nel timpano. L’altra facciata viceversa si smorza nell’andamento continuo della parete, priva com’è di lesene maggiori e minori e della decorazione scultorea al sommo ed è fornita di finestre a cimasa orizzontale e a spalle sporgenti ma lisce che s’appoggiano ad una soglia aggettante sostenuta da due piccole mensole. Il quadrante di un orologio prende il posto di uno stemma e la campana soprastante quello della statua al vertice del frontone.”
Forse la costruzione inglobava un precedente edificio databile al ‘500 e di quest’epoca è anche il caminetto in pietra gialla nel piano intermedio tra il piano nobile e l’interrato, come il soffitto della stanza dove si trova. Sontuoso era il salone d’onore, che si estendeva dall’una all’altra facciata come d’uso nelle ville venete. La luce era data da ben 12 aperture, poiché la sua altezza comprendeva due piani. Sul salone si aprivano 4 stanze sul cui frontoncino s’adagiavano 2 figure a tutto tondo. Il soffitto era a travatura, come i soffitti delle stanze. Ballatoi in legno collegavano le due ali del primo piano della villa, perché c’era un’unica scala che saliva. A fianco della villa, verso est, si trovava un’antica barchessa, che venne trasformata in un lungo portico, il quale comunicava a nord est con un portico che dava su piazza Roma. Il lungo portico aveva una serie di archi che poggiavano su colonne tuscanico-doriche. Da lì si dipartiva il giardino posteriore della villa, e si trovavano le scuderie e le abitazioni dei dipendenti.
Altre trasformazioni si ebbero nel XVIII secolo e riguardavano soprattutto il citato portico, in più venne aggiunto un granaio illuminato da oculi ellittici. (Durante i lavori di restauro si trovarono travi recanti la data 1777 poste proprio per l’aggiunta del solaio). Si aggiunsero anche 10 statue, che coronavano la magnificenza del palazzo.
A metà del 1800 il portico vicino alla villa fu trasformato in serra dove si potevano ammirare camelie, rododendri, azalee e ad est di questa fu innalzata una foresteria di gusto neogotico. In questa foresteria i fratelli Luigi ed Alessandro Valle, nel 1870, posero un busto di un loro antenato illustre già Vicario di Valdagno, Ottaviano Valle, che nel 1646 si era arruolato nell’esercito imperiale di Ferdinando III d’Asburgo combattendo nella guerra dei Trent’anni, trovando la morte sul campo di battaglia delle Fiandre nel 1648. A suo ricordo esisteva già nella chiesa di San Clemente un’iscrizione che diceva:” Al Signor Ottaviano Valle che dopo la carica di vicario si conferì nell’Armata del re Cattolico in Fiandra, portando seco i cuori di questo popolo et in quel fatto d’armi incontrò gloriosa morte. Alvise, zio, accompagnando le lagrime della terra, ha posto questa memoria. Visse anni XXVI. Morì MDCXLVIII”
Un riferimento al conte Ottaviano si trovava anche su un cancello di ferro battuto che inizialmente era sul lato sud del giardino ma fu spostato sul lato ovest a sostituire un portone in legno. Tale scritta, ora scomparsa, faceva riferimento al conte Ottaviano, in quanto padre di colui, il conte Alessandro Valle, che aveva rifatto la casa. La data riportata era 20 maggio 1699.
Le stanze a piano terra nel lato nord est-sud est avevano una particolare curiosità. Al centro del pavimento c’erano delle griglie in marmo che convogliavano l’aria fresca dal seminterrato chiamato “el Canevon del Valle” dove oggi si tengono le mostre. Oltre ad essere possidenti ed imprenditori, i Valle possedevano una filanda. Infatti nel 1853 a Valdagno si contavano 18 filande e una di queste apparteneva ai nobili Luigi ed Alessandro Valle.
Nel 1880, in seguito all’inaugurazione della linea tramviaria a vapore Vicenza-Valdagno, il conte Emilio Valle e i fratelli Orsini fecero un contratto con la società inglese che aveva la concessione di tale linea, per adibire a stazione il cortile a nord della Villa, sacrificando il giardino con 2 fontane. Furono così fatte 2 aperture nel muro, una ad ovest e una a nord per il passaggio dei convogli. Un anno dopo però, poiché la società inglese che aveva la concessione era insolvente, la stazione venne spostata nel lato est della chiesa delle Cappuccine, in piazza Roma, e i binari di conseguenza spostati sul lato destro della strada. Per questo venne abbattuta l’antica recinzione a nord della villa e gli alberi che si trovavano in quel lato del cortile. Fu ricostruito il muro abbellito con una cancellata in ferro battuto a spese della società concessionaria.
Il giardino
Già dal XVII secolo esisteva un giardino nel palazzo dei conti Valle che a fine ‘600 fu esteso e irrigato con tubi di piombo. Poi nell’800 i tubi di piombo furono sostituiti con tubi di terracotta, nel 1866 con tubi di castagno, e quindi nel 1888 con tubi di ghisa.
Per l’irrigazione i Valle si servivano di acqua prelevata dalla contrada Prà dei Doneghi (alle Conche) DI loro proprietà, con l’autorizzazione della Serenissima. A fine ‘600 nel giardino sud esisteva una fontana; nel ‘700 nel lato ovest del giardino c’era una grande peschiera, alimentata dall’acqua della Rio. Quindi c’erano tre fontane: due a nord e una a sud.
Verso la metà dell’800 il giardino venne trasformato in un giardino all’inglese forse dall’architetto Japelli. Era famoso per la fioritura di azalee, rododendri e camelie, splendidi fiori curati da appositi giardinieri. Sempre nella metà del XIX secolo, la peschiera venne trasformata in un laghetto, attraversato da un ponte in ferro. Si trovava sulle sponde del laghetto una torretta neogotica che fungeva da riparo per una piccola barca. In inverno il lago era ghiacciato e veniva quindi usato come pista di pattinaggio e spesso era il luogo privilegiato per feste notturne, con musiche e fuochi d’artificio. Il ghiaccio veniva conservato in 2 ghiacciaie sotterranee che si trovavano a sud del giardino, serviva soprattutto alla famiglia Valle ma veniva anche venduto ad altri possidenti di Valdagno. Quando i Cengia Bevilacqua, nel 1855, vendettero l’antico brolo delle monache, il giardino venne ancora ampliato dopo l’abbattimento del muro di cinta che divideva le proprietà. Poco dopo il cancello d’ingresso alla villa, si dipartiva un viale alberato che portava ad un gazebo posto su una collinetta nell’angolo sud-ovest del recinto. Nel 1901 si realizzò l’ultima fontana chiamata “fontana dell’uomo con le oche”, che rappresentava un contadino tedesco del XVI secolo recante in braccio due oche dai cui becchi zampillava l’acqua. La fontana di rifaceva ad un celebre monumento tedesco del ‘500 che ancora è visibile a Norimberga. I due giardini antichi erano abbelliti con numerosi platani di cui rimane un unico esemplare vicino all’ingresso della villa.
Nel 1816 l’Arciduca Ranieri, che diventò poi vicerè del Lombardo Veneto, venne a Valdagno e fu alloggiato presso il palazzo dei Valle, accolto dal conte Camillo Valle, il quale gli illustrò tutte le manifatture del paese, cioè fabbriche di seta, panni, tela, ferro.
Nell’800, durante le guerre risorgimentali, i conti Emilio ed Alessandro Valle erano sospettati dalla polizia austriaca di coltivare sentimenti anti asburgici, tanto è vero che il Delegato Provinciale inviò una lettera nel 1855 al comune di Valdagno per avere informazioni sull’avvocato Emilio Valle.
Con l’annessione al Regno d’Italia, troviamo il nobile Luigi Valle tenere un discorso sulle elezioni, il 28 ottobre, dopo i disordini che si ebbero con le prime elezioni amministrative del 29-30 settembre. Le elezioni furono ripetute il 27 dicembre del 1866. Inoltre dopo l’annessione, e con il miglioramento della vita economica grazie alla fabbrica Marzotto, urgeva una nuova via di comunicazione.
Nella seduta del 4 marzo 1872 si formò una commissione, composta da Gaetano Marzotto, Festari Gio.Batta, Dalle Ore Luciano, Luigi Valle ed Emilio Valle, con il compito di studiare una possibile via che collegasse Valdagno a Tavernelle per avere un rapido congiungimento con la linea Venezia-Milano. Un anno dopo, il 1 luglio 1873, lo stesso Luigi Valle informò il Consiglio Comunale dei lavori della Commissione per la realizzazione della tramvia. A questo scopo fu fatto saltare il ponte dei Nori, che era stato costruito nel 1732.
A cura della prof.ssa Annalisa Castagna
Bibliografia:
Relazione del Dr. Giuseppe Cengia Bevilacqua e Marta Cengia Bevilacqua
Mantese, Giovanni Storia di Valdagno, Valdagno: Comune di Valdagno, 1966
Cevese, Renato Guida a Valdagno antica, Valdagno: Edizioni del Comune, stampa 1982 (Vicenza : Tipolitografia I.S.G.)
Archivio della biblioteca Bertoliana di Vicenza
Le memorie di Giovanni Soster